La trasmissione “A Pranzo con Umberto Chiariello” di oggi, in onda su CRC, radio partner della SSC Napoli, ha offerto un’analisi approfondita sulle dinamiche tra le tifoserie del Napoli e della Roma. Chiariello ha condiviso una riflessione nostalgica sul passato del derby del sole, evidenziando i rischi crescenti di tensioni tra le due fazioni e l’importanza di reinventare il concetto di tifo.
Umberto Chiariello ha iniziato il suo intervento ricordando la bellezza del derby del sole di un tempo, sottolineando come le sfide tra Napoli e Roma fossero vissute con gioia e rispetto, attirando sia i tifosi della squadra partenopea che quelli della capitale. Questo clima di intesa, secondo Chiariello, era una parte fondamentale dell’identità sportiva italiana, che ora si è trasformata in un’orrenda contesa. Ciò che un tempo era considerato un evento festivo ha dato spazio a episodi di violenza e incomprensione, generando sentimenti di rivalità profonda.
Chiariello esprime la sua preoccupazione per come, in nome di pochi eventi imprevedibili e noti, si stia alimentando un’inimicizia che purtroppo sembra destinata a crescere. Fa notare che le due tifoserie, un tempo unite dalla passione per il calcio e da un senso di appartenenza identitaria, ora si confrontano in modo conflittuale, con striscioni minacciosi e atti di violenza che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti.
In aggiunta alla nostalgia, Chiariello invoca una riflessione sull’educazione al rispetto e alla cultura sportiva, auspicando un cambiamento nell’approccio delle nuove generazioni ai valori dello sport, fondati sulla passione e non sull’odio.
Un altro punto cardine dell’intervento di Chiariello è il richiamo alla tragica morte di Ciro Esposito, un evento che ha accentuato le divisioni tra le due tifoserie. Questo fatto ha spinto gli ultras del Napoli a vedere i romanisti come rivali, acuendo una rivalità che ha radici storiche. Chiariello ha sottolineato che, nonostante gli sforzi della madre di Esposito per promuovere la pace tra le tifoserie, il messaggio di unità fatica a fare breccia.
Il conduttore ha messo in evidenza l’importanza dell’educazione sia a casa che a scuola, suggerendo che sia necessaria una riflessione critica sui contenuti educativi. Propone di utilizzare film come “Salvate il Soldato Ryan” e “Schindler’s List” per illustrare le conseguenze devastanti della violenza. Chiariello enfatizza che, sebbene il calcio possa essere un terreno fertile per la passione e la competizione, non dovrebbe mai degenerare in un campo di battaglia tra tifoserie.
I giovani devono apprendere a intendere il tifo non come una forma di antagonismo, ma come un’opportunità per esprimere gioia e identità. L’importanza di affrontare questi argomenti in modo serio è fondamentale per modificare la cultura del tifo violento e mantenere vivo il vero significato dello sport.
Nel suo intervento, Chiariello ha sottolineato la necessità di ripensare il ruolo del tifoso e l’atteggiamento nei confronti della competizione sportiva. A suo avviso, lo sport è bello quando è fonte di identificazione e partecipazione, e non quando diventa una questione di vita o di morte. Il linguaggio utilizzato in occasione delle partite spesso diventa sessista e aggressivo, contribuendo a un clima di esasperazione che non fa bene né ai tifosi né allo sport stesso.
Chiariello invita a riflettere sul fatto che lo sport dovrebbe unire piuttosto che dividere, e questo richiede un cambiamento nella mentalità delle tifoserie. La rivalità tra Napoli e Roma, se curata con il giusto spirito, potrebbe trasformarsi in una competizione sana e stimolante. Le emozioni legate al tifo non devono essere sinonimo di odio e conflitto, ma possono diventare occasioni di crescita e salute sociale.
In questo contesto, l’appello è chiaro: servirà un impegno collettivo per riportare in auge valori positivi legati allo sport, affinché momenti come Napoli-Roma diventino occasioni di festa e non di violenza. Ripensare il tifo potrebbe aprire la strada a una fruizione del calcio come vero spettacolo da celebrare, piuttosto che una mera giustificazione per il conflitto.