Le recenti parole pronunciate dall’Arcivescovo di Milano, Monsignore Mario Delpini, hanno generato un forte dibattito sull’importanza di una comunicazione rispettosa e attenta alla dignità delle persone. Durante il suo tradizionale discorso alla città in occasione della festività di Sant’Ambrogio, Delpini ha messo in luce le problematiche attuali legate alla comunicazione contemporanea, criticando un panorama mediatico spesso dominato da contenuti negativi e disumanizzanti. Queste dichiarazioni sono state accolte con particolare attenzione dai professionisti della comunicazione, segnalando l’urgenza di un cambiamento profondo nelle pratiche comunicative.
Nel suo intervento, Delpini ha dichiarato che esiste una realtà comunicativa che tende a enfatizzare le pratiche negative, omettendo l’importanza del bene e di ciò che può migliorare le vite delle persone. Secondo l’arcivescovo, questo approccio porta a una società in cui l’odio, il narcisismo e la volgarità si diffondono facilmente, alimentati dai social media e da altre forme di comunicazione. Questo richiamo non è solo un semplice sfogo, ma un appello forte a tutti, dai media ai cittadini, per riflettere su come le parole e le immagini influenzino le relazioni umane e sociali.
Delpini sottolinea che la comunicazione non è solo uno strumento tecnico, ma un potente veicolo di relazioni, valori e cultura. Un’informazione consapevole e positiva potrebbe, secondo le sue parole, fungere da antidoto per affrontare le disuguaglianze sociali, diventando il motore per una società più giusta e inclusiva. Le sue affermazioni si pongono in contrasto con una narrazione prevalente che sembra attratta dal sensationalism, un fenomeno preoccupante che rischia di normalizzare il male.
Domenico Colotta, presidente di Assocomunicatori, ha prontamente risposto alle affermazioni di Delpini, sottolineando l’importanza di un impegno collettivo verso una comunicazione etica e rispettosa. Colotta ha rimarcato che il settore della comunicazione deve rivedere le proprie pratiche e impegnarsi a una narrazione che non solo informi, ma che educhi e costruisca relazioni più sane tra le persone. Questo richiamo alla responsabilità è fondamentale in un’epoca in cui le comunicazioni, sia tradizionali che digitali, possono amplificare voci di odio e divisione.
Il presidente riconosce che per affrontare la sfida dei contenuti tossici che circolano in rete, è necessaria una cultura comunicativa più attenta e inclusiva. Colotta afferma che una buona comunicazione può ridurre le disuguaglianze, contribuire alla risoluzione di conflitti e promuovere un clima di cooperazione e comprensione reciproca. Quest’approccio richiede un lavoro di squadra e una forte alleanza tra professionisti, istituzioni e cittadini, per creare una narrazione che esprima il meglio della nostra società.
La riflessione proposta da Delpini e sostenuta da leader del settore come Colotta si inserisce in un contesto più ampio, in cui il ruolo della comunicazione si è spostato dal semplice scambio di informazioni a una vera e propria responsabilità sociale. La comunicazione è in grado di influenzare il comportamento e le opinioni, e una maggiore consapevolezza riguardo alle parole utilizzate nel dibattito pubblico diventa essenziale.
Il potere di una narrazione positiva è innegabile: essa può costruire comunità collaboranti e solidali, migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e promuovere l’adozione di comportamenti virtuosi. Quando la comunicazione diventa una forma d’arte capace di evidenziare il bene comune, si apre la porta a una società più equa, dove ogni voce ha il diritto di essere ascoltata e rispettata.
Il grido d’allerta lanciato dall’arcivescovo, insieme alla risposta da parte di Assocomunicatori, rappresenta un punto di partenza cruciale per una riflessione profonda sul futuro della comunicazione nella nostra società. La sfida è quella di rendere la “buona comunicazione” non solo un’aspirazione, ma una pratica quotidiana e condivisa tra tutti.