L’attenzione torna su un volume fondamentale della letteratura napoletana, “Il libro napoletano dei morti”, che esplora le vicende postunitarie della città partenopea attraverso gli occhi dell’autore Francesco Palmieri. Classico contemporaneo, quest’opera non solo rievoca passati di grande valore storico e culturale, ma continua a stimolare l’immaginario dei lettori, presentando un ritratto affascinante della Napoli di un’epoca che, pur essendo lontana, rimane profondamente radicata nelle tradizioni e nella memoria collettiva. Con un nuovo formato elegante, il libro fa il suo ritorno in libreria, accompagnato da eventi che mirano a celebrarne la ricchezza testuale e il messaggio intrinseco.
Pubblicato per la prima volta nel 2012, “Il libro napoletano dei morti” ha conquistato lettori e critici per la sua capacità di coniugare ironia e malinconia. Nonostante il suo titolo possa evocare immediatamente il parallelo con il “Libro tibetano dei morti”, l’autore offre una narrazione unica che si distacca dalla tradizione orientale per abbracciare le radici e la cultura napoletana. Il testo è considerato un pilastro della letteratura partenopea, tanto che è difficile che anche i meno lettori non ne abbiano mai sentito parlare. Questa nuova edizione è pubblicata da Colonnese, che ne rinfresca la veste grafica pur mantenendo inalterato il contenuto significativo.
All’incontro organizzato per il lancio, previsto per il 12 novembre all’Archivio di Stato di Napoli, oltre all’autore Francesco Palmieri, interverranno lettori e musicisti che arricchiranno l’evento con performance dal vivo. Franco Iavarone, con la sua recitazione appassionata, leggerà brani dal libro, mentre Patrizio Trampetti e Jennà Romano si esibiranno in momenti musicali, creando un’atmosfera di condivisione culturale. La direttrice dell’archivio, Candida Carrino, introdurrà le attività, sottolineando l’importanza di questo testo nel contesto della letteratura e della storia napoletana.
L’opera di Palmieri non si limita a raccontare il dolore della perdita delle Due Sicilie attraverso la figura del re borbonico, ma si estende in una galleria di personaggi che punteggiano il panorama sociale e politico di Napoli fra il 1860 e i decenni successivi. Attraverso la voce di Ferdinando Russo, poeta di indiscusso valore, Palmieri si fa portavoce di una narratività che amalgama fiction e realtà, disegnando un affresco del periodo postunitario nel meridione d’Italia. Qui, i personaggi storici si mescolano a figure di fantasia, dando vita a un’opera che trascende la mera cronaca per diventare un racconto di identità culturale.
L’autore utilizza un ritmo narrativo che alterna elementi di comicità e drammaticità, mostrandoci una Napoli che cerca di ritrovare la propria identità in un contesto di cambiamenti tumultuosi. Le carceri di Favignana e l’immagine del “domicilio coatto” sono racconti di una Napoli dai mille volti, dove la vita quotidiana è intrisa di vissuto e significato. Le vicende dei vari personaggi, dall’artista mendicante a figure di potere, diventano un simbolo di una città che, nonostante le avversità, continua a vivere e a resistere attraverso la propria cultura.
“Il libro napoletano dei morti” è molto più di un semplice resoconto di eventi storici; è un’opera che invita il lettore a immergersi in un passato ricco di storie da raccontare e riflessioni da fare. Ogni pagina è intrisa di riferimenti culturali e sociali che parlano di un’umanità in continuo cambiamento. Le figure storiche come Liborio Romano e i guappi della malavita si fondono con l’immaginario collettivo, creando un messaggio di resilienza e continuità.
Fra aneddoti di vie e vicoletti partenopei, il racconto di Palmieri suggerisce che la vera essenza di Napoli non può essere segregata in un singolo racconto, ma deve essere considerata come un insieme di storie che si intrecciano, generando un senso di identità che è, al contempo, storicamente ricco e culturalmente rilevante. La narrativa, quindi, si definisce come una sorta di omaggio alla Napoli di un tempo, ma anche un monito a non dimenticare le proprie radici.
L’opera continuerà a risuonare nella mente dei lettori e nei cuori, restituendo una visione di Napoli che, attraverso i secoli, conserva la propria vibrante vitalità. La capacità di evocare un’umanità che è scomparsa nella sua corporeità, ma resta viva attraverso la parola scritta, è il vero dono che Palmieri ha offerto con il suo testo.