La riforma costituzionale della Giustizia che attualmente si trova sul tavolo del Consiglio dei ministri rappresenta un passo significativo nel panorama giudiziario italiano. Tra le varie novità, il punto centrale riguarda la separazione delle carriere dei magistrati, una questione dibattuta e sostenuta in passato anche da Forza Italia durante la leadership di Berlusconi. Dall’altra parte, contraria a questa iniziativa, si è espressa l’Associazione Nazionale Magistrati , che ha ribadito il proprio dissenso durante il recente congresso a Catania e in seguito all’incontro con il Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il nucleo normativo su cui si fonda questa proposta è uno schema di disegno di legge costituzionale intitolato “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”.
Uno dei principali obiettivi di questa riforma è quello di separare chiaramente il percorso di carriera dei magistrati in base alle mansioni svolte, distinguendo tra coloro che ricoprono ruoli requirenti e quelli che si occupano di giudicare le controversie. Attualmente, i magistrati possono passare più volte da una funzione all’altra, creando una sovrapposizione tra pubblico ministero e giudice. I critici del sistema attuale evidenziano proprio questo punto: la vicinanza tra chi accusa e chi giudica contraddice il principio di separazione dei ruoli. La separazione delle carriere, quindi, garantirebbe una maggiore chiarezza e trasparenza.
La funzione requirente è svolta dai magistrati che operano come “pubblici ministeri“, incaricati di formulare richieste e pareri in vista delle decisioni dei giudici.
Dall’altra parte, la funzione giudicante è propria degli organi giudiziari, ovvero dei giudici, ai quali spetta il compito di emettere sentenze e pronunciarsi sulle questioni legali.
Secondo quanto trapelato, la proposta legislativa prevederebbe l’istituzione di due Consigli superiori della magistratura, uno composto dai magistrati requirenti e l’altro dai giudicanti, con percorsi di carriera distinti e separati. Attualmente sembra meno probabile il mantenimento di un unico Csm con due sezioni. Indipendentemente dalla soluzione adottata, il presidente della Repubblica rimarrebbe a capo dell’organo. Secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, la creazione di due Csm separati avrebbe l’obiettivo di limitare l’influenza delle correnti politiche sulle nomine.