Valentina Petrillo, napoletana, rappresenta una figura pionieristica nelle competizioni sportive mondiali. A 50 anni, è divenuta la prima atleta transgender a partecipare alle Paralimpiadi, portando con sé un messaggio potente contro le discriminazioni e il bullismo. Ipovedente e specializzata nei 200 e 400 metri, ha intrapreso un percorso di vita e sportivo che merita di essere raccontato con attenzione per le implicazioni sociali e culturali che porta con sé.
Il percorso sportivo di Valentina Petrillo
Valentina Petrillo non è un’atleta agli esordi. La sua carriera è costellata di successi e riconoscimenti. Prima dell’inizio del suo percorso di transizione, ha conquistato ben 11 titoli nazionali nella categoria maschile di atletica leggera paralimpica. Nel 2021, nel contesto delle competizioni femminili, ha raggiunto il quinto posto agli Europei paralimpici, dimostrando le sue capacità e la sua determinazione nel superare le avversità. La sua partecipazione alle Paralimpiadi di Parigi rappresenta un nuovo capitolo nella sua carriera, significativo non solo per lei, ma anche per il movimento sportivo in generale.
Il documentario “5 nanomoli” le è stato dedicato, un titolo che rimanda ai limiti di testosterone previsti per le atlete trans. Questo tema è cruciale nel dibattito attuale sulle politiche di inclusione nello sport, evidenziando le complessità e le sfide che le atlete come Valentina affrontano. Attraverso le sue sfide, Petrillo cerca di dare voce a chi è stato emarginato e discriminato nella società sportiva.
La vita di Valentina: tra malattia e sport
La vita di Valentina Petrillo è segnata dalla lotta contro la degenerazione maculare ereditaria, scoperta alla fine delle medie. Benché questa condizione l’abbia messa a dura prova, non ha mai ceduto alla tentazione di abbandonare il suo amore per lo sport. Nel 1995, a un passo dalla qualificazione alle Olimpiadi di Atlanta, decise di ritirarsi dalla competizione, non sentendosi a proprio agio nel ruolo di uomo. Solo nel 2018, dopo aver partecipato alla sua ultima gara maschile, ha iniziato il suo percorso di transizione.
Il sostegno della moglie, con cui si è sposato nel 2016, ha rappresentato una costante fonte di forza nel suo cammino. Tuttavia, il percorso non è stato semplice: l’inizio della terapia ormonale ha comportato sfide significative, tra cui un aumento di peso e difficoltà nelle prestazioni atletiche. “I primi mesi sono stati distruttivi,” ha dichiarato, evidenziando l’impatto fisico e psicologico di questa transizione.
Nonostante le difficoltà iniziali, Valentina ha trovato la determinazione per tornare in pista e ha rispettato i parametri di eleggibilità giusti per atlete transgender. Ha speso parole anche su casi di altre atlete, come Laurel Hubbard, ribadendo che non si può presumere un vantaggio in termini di prestazioni sportive basato solo sull’assegnazione del sesso alla nascita.
Le regole del gioco: inclusione e politiche sportive
La questione delle atlete transgender nel mondo dello sport ha visto un’evoluzione significativa, in parte grazie alle iniziative del Comitato Olimpico Internazionale . “Nel 2015, il CIO ha stabilito delle linee guida affinché le persone transgender venissero incluse,” afferma Petrillo – “e studi dimostrano che a livelli di testosterone entro i 10 nanomoli, queste atlete sono comparabili alle prestazioni femminili.”
Dal 2016, non è più richiesto l’intervento chirurgico per la transizione, e nel 2021 il CIO ha rimosso l’obbligo di esami invasivi, ponendo più attenzione ai livelli di testosterone. Le atlete transgender, ora, possono competere nella categoria femminile a condizione che i loro livelli di testosterone non superino i 10 nanomoli per litro nei 12 mesi precedenti la competizione. Questa evoluzione normativa riflette un cambiamento di mentalità nel riconoscimento delle identità di genere e dei diritti delle persone transgender nello sport.
Tuttavia, la strada verso l’inclusività non è esente da polemiche. Valentina ha subito discriminazioni e attacchi, sia in ambienti sportivi che attraverso i social, contrassegnati da insulti e minacce. Nonostante queste difficoltà, porta avanti il suo messaggio di resilienza e giustizia, sfidando un mondo sportivo e sociale che deve ancora affrontare profondi cambiamenti. La sua partecipazione alle Paralimpiadi è più di una semplice competizione; è un simbolo di lotta e di speranza per molte persone.